Niki de Saint Phalle
Niki de Saint Phalle, diminutivo di Catherine-Marie-Agnès Fal de Saint (Neuilly-sur-Seine, 29 ottobre 1930 – San Diego, 21 maggio 2002), è stata una pittrice, scultrice, regista e realizzatrice di plastici francese.
Niki studia presso scuole cattoliche e pubbliche: il suo carattere ribelle la porta a cambiare spesso scuola.
Dal 1948 si manifestano chiaramente le inclinazioni artistiche di Niki. La prima tappa della sua carriera si esprime nella letteratura. In seguito studia teatro e sogna di diventare attrice. In questo periodo posa come fotomodella per le riviste Vogue e Life, quindi si rivolge, incoraggiata da Hugh Weiss, al mondo del cinema.
Nel 1950 sposa lo scrittore Harry Mathews con cui avrà due figli, Laura (1951) e Philip (1954). Mathews studia musica e Niki comincia a dipingere. Per qualche tempo i due vivono nel Massachusetts. Nel 1952 si trasferiscono a Parigi, dove Niki si dedica al teatro e Mathews alla musica. A seguito di una grave crisi nervosa Niki viene ricoverata in ospedale a Nizza e scopre nella pittura la sua terapia e da qui decide di dedicarvisi completamente.
Niki ha provato a seguire la sanità in un mondo insano. Ci ha provato tanto da cercare di adattarsi con tutte le sue forze a ciò che non è nella sua indole. Ora si prepara la resa dei conti. Si prepara l’incontro con un mondo medico che reagisce all’instabilità mentale con mezzi rozzi e violenti, con sistemi vicini alla tortura, la cui unica giustificazione scientifica è l’apparente successo della terapia a breve, brevissimo termine. Uno shock insulinico e dieci elettroshock in sei settimane. Niki si riprende invece molto velocemente e ne specifica chiaramente la ragione: “Non per merito della terapia della clinica ma della mia: la pittura”. Il risultato del mio crollo mentale fu positivo, a lungo termine, perché lasciai la clinica come pittrice”
Durante il periodo della terapia il padre le invia una lettera dove le confessa di aver abusato di lei all’età di 11 anni, dopo decenni l’esperienza traumatica diventerà oggetto di un libro illustrato pubblicato dall’artista nel 1994.
Niki sostiene che molte artiste, molte donne che hanno subito traumi come il suo, si sono salvate grazie alla sublimazione, alla scrittura, alla creazione letteraria che ha permesso loro di restituire il disastro dell’esistenza a una dimensione superiore, imprigionando e limitando gli inevitabili impulsi suicidi scaturiti dalle esperienze negative serbate nel corpo e nel cuore. Non è bastato a Virginia Woolf, suicida infine, ma a molte altre sì. Scrive questo per includersi nel gruppo delle sopravvissute.
così afferma. Niki si è salvata dal suicidio rifugiandosi nell’arte.
L’arte come terapia. Non ne fa mistero in nessuno dei suoi scritti: l’arte l’ha salvata dal suicidio, cui peraltro ha pensato talora con insistenza particolarmente creativa.
L’arte è espressione della forza di vivere e dell’ostinazione a non cedere ai momenti di sconforto che colpiscono una personalità particolarmente fragile.
L’ha aiutata a crescere in forma di letteratura, poesia e teatro.
L’ha aiutata a mantenersi come modella, l’ha fatta risorgere con la pittura e l’ha consacrata definitivamente alla vita con la scultura.
Succederà ancora.
La produzione artistica la trarrà dalle acque a ogni nuova crisi psicofisica, impedendole di affogare tra i flutti della disperazione.

Niki lavora sui diversi ruoli della donna nella società producendo una serie di sculture di donne partorienti, madri voraci, streghe e prostitute.
Una delle funzioni dell’arte è tradurre la cultura.
Se la colpa sta nella differenza e per questa colpa le donne furono assoggettate all’uomo, l’ultima delle donne se ne riassume la responsabilità e torna a essere la Prima, torna all’origine e ricomincia da capo il percorso che dovrebbe stavolta portare a una parità tra i sessi nel potere di una civiltà nella lingua di civiltà differenti, grazie alla semplice forza della comunicazione. Tutto può essere simbolo di tutto.
Niki, con l’aiuto del marito, realizza a Garavicchio, presso Capalbio (GR) in Toscana, a partire dal 1979, il Giardino dei Tarocchi, opera ispirata al Parco Güell di Gaudí a Barcellona. Si tratta di un gruppo di ventidue sculture monumentali alcune delle quali sono abitabili, ispirate agli arcani maggiori dei Tarocchi, costruite in cemento armato e ricoperte da un mosaico di specchi, vetri e ceramiche colorate. Per finanziare il Giardino dei Tarocchi lancia una linea di profumi.
Muore nel 2002 per una malattia respiratoria.

Nel 2006 la cittadina di Capalbio, dopo averle conferito qualche anno prima la cittadinanza onoraria, organizza la prima mostra sulla storia del Giardino dei Tarocchi con documenti inediti.

L’ho rappresentata con il dipinto “Lilith”.