Dora Maar
Nata a Parigi nel 1907 e cresciuta a Buenos Aires, Henriette Theodora Markovitch era figlia unica di un architetto croato e di un’imprenditrice di moda parigina: un’unione che diede spazio alla crescita di una giovane donna ambiziosa e determinata a diventare un’artista.
Dorina (come la chiamavano in famiglia), però, non era tanto interessata alle arti applicate, ai tempi ritenuto l’ambito artistico più congeniale a una donna, ma alla pittura. A vent’anni tornò quindi insieme alla madre a Parigi, per portare avanti gli studi pittorici all’École et Ateliers d’Arts Décoratifs a Parigi, e affermare passo dopo passo il suo talento, di cui si diceva fosse sempre molto consapevole.
strada facendo nasce in Dora il desiderio di immortalare artisticamente quello che vede, si appassiona alla fotografia e si iscrive all’ École de Photographie de la Ville de Paris.
Pubblica le sue prime foto nel 1930 e l’anno seguente lavora con il fotografo ungherese Brassaï. Nel 1931, in società con Pierre Kéfer, apre uno studio fotografico, operando nel settore della moda e della pubblicità, firmando le sue foto Kéfer-Dora Maar. A lato dei suoi lavori commerciali, Maar si specializzò nella fotografia di strada, rappresentando la sofferenza di mendicanti e vagabondi che riempivano le città come esito della Grande depressione, e cominciando a elaborare artisticamente – attraverso montaggi e le manipolazioni della pellicola – i soggetti delle foto. Inoltre viaggiò molto attraverso l’Europa, realizzando numerosi scatti in Costa Brava e a Barcellona, oltre a proseguire in studio l’analisi sull’erotismo, un suo grande tema. Ma la svolta avvenne quando, al culmine della notorietà, iniziò a frequentare i circoli dei surrealisti, ottenendo le grazie di Henri Cartier-Bresson, André Breton e Brassaï. Venne quindi ammessa nel gruppo e le sue opere furono esposte nelle mostre dei surrealisti.
Maar era già conosciuta come fotografa prima di incontrare Picasso. Il primo incontro avvenne a Parigi nel 1935 sul set del film Le crime de Monsieur Lange di Jean Renoir quando lei aveva 28 anni e lui 54 Picasso traeva soddisfazione nell’umiliare Dora, tanto da convincerla ad abbandonare la fotografia per la pittura, campo in cui lei non poteva competere con l’artista. La faceva ingelosire, essendo ancora legato a Marie-Thérèse Walter, che gli aveva dato anche una figlia, Maya. L’ormai ex-fotografa fu sopraffatta dalla personalità del pittore: divenne la sua musa privata e fu da lui ritratta in numerosissimi dipinti, ma era vista anche come l’incarnazione stessa del dolore. La loro relazione durò quasi nove anni. Dora Maar fu lasciata da Picasso, che nel 1943 aveva appena incontrato la giovanissima Françoise Gilot, e cadde in una profonda depressione, soffrendo anche per la propria sterilità, che la costrinse a farsi ricoverare in una clinica psichiatrica. Fu sottoposta a numerosi elettroshock e presa in cura dallo psicanalista dello stesso Picasso, Jacques Lacan, che riuscì a farle accettare la malattia. Fu una delle poche amanti a sopravvivere a Picasso non suicidandosi, sebbene dicesse “Io non sono stata l’amante di Picasso. Lui era soltanto il mio padrone”. Dora si spense in una casa di ricovero nel 1997.
L’ho rappresentata con il dipinto “Il Tarlo”
