Camille Claudel

8 dicembre 1864 –19 ottobre 1943) è stata una scultrice francese.
Sorella maggiore dello scrittore e diplomatico Paul Claudel, sin dall’adolescenza, Camille Claudel si appassiona alla scultura e inizia giovanissima a lavorare l’argilla. Costantemente sostenuta dal padre, Camille Claudel riesce ad affrontare l’opposizione di sua madre, che nutre da sempre un’avversione violenta verso quest’arte che affascina sua figlia maggiore. Camille studia all’accademia del Colarossi. Qui ha modo di studiare con lo scultore Auguste Rodin, al tempo quarantunenne.

Questa sarà l’occasione per Rodin e Claudel di dare inizio al loro rapporto tumultuoso e passionale. Ben presto diventa la collaboratrice del suo maestro, che è legato a Rose Beuret e da cui ha un figlio, e in breve tempo nasce l’amore.
La loro storia è tumultuosa, piena di promesse non mantenute e risentimento.

Camille è un’artista consapevole e si stacca molto presto dal linguaggio del maestro per crearne uno del tutto suo, una scultura di una donna matura, che non si aggrappa a stereotipi, anzi li rifiuta con tutta sé stessa, sono figure carnali ed erotiche che vanno contro i dettami accettati per l’arte femminile.

A partire dagli anni 1892-93 il rapporto tra Claudel e Rodin comincia ad entrare in crisi. Camille ritiene di non avere più la forza di proseguire un rapporto senza futuro. Nel momento in cui l’artista capisce che il suo amante non la sposerà, vedrà crollare l’illusione di un’unione che desiderava con tutta sé stessa e la speranza di veder riscattati tanti anni di compromessi, ansie, tristezze e risentimenti accumulati.
Probabilmente in questo periodo Camille affronta un aborto, almeno così si intuisce dalle lettere del fratello, che la porta a cadere in un vortice depressivo.
Camille si isola, non accetta più nessuno, diventa ostile e nel 1913 una settimana dopo la morte del padre, l’unica persona della famiglia che la sosteneva, viene internata in manicomio. fu proprio la madre sostenuta dal fratello che volle farla rimanere lì a dispetto del parere dei medici curanti che non ritenevano necessario un internamento per i problemi psichici veri o presunti che presentava la ragazza.
Non solo, la famiglia ne richiese il totale isolamento. Camille non poteva più comunicare con nessuno. Smette di scolpire e modellare l’argilla.
La madre non le fece mai visita, nonostante lei chiedesse incessantemente di vederla. Il fratello Paul la vide due volte durante un soggiorno di 30 anni.
Morì di stenti il 19 ottobre del 43 all’età di 78 anni, dopo 30 anni di internamento e isolamento. Il suo corpo venne gettato in una fossa comune.

Ho voluto riportare la sua lettera di preghiera che cadde inascoltata.

CAMILLE CLAUDEL

Signor dottore,

forse voi non vi ricorderete della vostra ex-paziente e vicina, M.lle Claudel, che fu portata via da casa sua il 13 marzo 1913 e condotta in manicomio, da dove, forse, non uscirà mai più. Sono cinque anni, tra poco sei, che subisco questo terribile martirio. Ero stata dapprima portata nel manicomio di Ville-Evrard, e poi, in un secondo momento, in quello di Montdevergues, vicino Montfavet Vaucluse. Inutile descrivervi le mie sofferenze. Ultimamente ho scritto a Monsieur Adam, avvocato, a cui mi avevate gentilmente consigliato di rivolgermi, e che in passato mi aveva difesa con successo, pregandolo di occuparsi del mio caso. Ma, in questa circostanza, un vostro consiglio sarebbe necessario perché voi siete un uomo di grande esperienza e, come medico, molto competente sulla questione. Vi prego dunque di prendervi cura del mio caso, insieme a M. Adam, e riflettere su cosa potete fare per me. Per quanto riguarda la mia famiglia non c’è niente da fare: sotto l’influenza di persone malvagie, mia madre, mio fratello e mia sorella non ascoltano che le calunnie da cui sono stata investita. Mi si rimprovera crimine orribile! di aver vissuto da sola, di avere dei gatti in casa, di soffrire di manie di persecuzione! È sulla base di queste accuse che sono incarcerata per cinque anni e mezzo come una criminale, privata della libertà, privata del cibo, del fuoco e dei più elementari conforti. Ho spiegato a M. Adam in una lunga lettera gli altri motivi che hanno contribuito alla mia reclusione, e vi prego di leggerla attentamente per rendervi conto di tutti i dettagli del caso.

Forse voi potreste, come dottore in medicina, usare la vostra influenza a mio favore. In ogni in caso, se non si vuole concedermi la libertà subito, preferirei essere trasferita alla Salpêtrière o a Sainte-Anne oppure all’ospedale ordinario, dove voi potreste venire a visitarmi per rendervi conto della mia salute. Qui per me vengono pagati 150 franchi al mese, e dovreste vedere come vengo trattata; la mia famiglia non si occupa di me e non risponde alle mie proteste che con il mutismo più assoluto, così vien fatto di me quel che si vuole. È orribile essere abbandonata in questo modo, non posso impedirmi di essere sopraffatta dal dolore. Spero che possiate fare qualche cosa per me, e, ben inteso, nel caso in cui avrete delle spese da sostenere, vi rimborserò per intero.

Mi auguro che non abbiate dovuto subire alcuna disgrazia a causa di questa maledetta guerra, che vostro figlio non abbia sofferto in trincea e che Madame Michaux e i vostri giovani figli siano in buona salute. C’è unaltra cosa che vi chiedo: quando andrete a far visita alla famiglia Merklen, riferite a tutti quel che mi è successo.

Mia madre e mia sorella hanno dato ordine di tenermi isolata nel modo più completo, alcune delle mie lettere non partono e alcune visite non arrivano.

Oltretutto mia sorella si è impossessata della mia eredità e ci tiene molto al fatto che io non esca mai di prigione. Vi prego di non scrivermi qui e di non dire che vi ho scritto, perché vi sto scrivendo in segreto contro i regolamenti dello stabilimento se si venisse a sapere mi troverei nei guai!”

L’ho rappresentata nel dipinto “Hell is Overburden” perché entrare all’inferno è meno doloroso dell’attesa di entrare.